Pietra commemorativa

Il combattente per la libertà Sepp Kerschbaumer fu un idealista con rigidi principi morali. Per tutta la vita mostrò un coraggio civile esemplare. Anche se ciò comportò svantaggi personali, si permise di compiere atti di provocazione volti a portare alla ribalta politica temi irrisolti o risolti in modo inadeguato. Kerschbaumer non ebbe pregiudizi e distinse nettamente "gli italiani" con cui aveva a che fare quotidianamente, a cui concedeva prestiti senza interessi e che aiutava in caso di difficoltà, e lo Stato italiano, che attuava una politica inaccettabile per i sudtirolesi. La rinuncia e la disponibilità al sacrificio non gli sembravano difficili quando si trattava di perseguire obiettivi per la sua patria. Sepp Kerschbaumer può essere un modello per noi e per tutti coloro che hanno a cuore il destino della loro terra natia. Ma soprattutto, oggi come allora, è importante essere vigili, sensibili alle ingiustizie e mostrare coraggio là dove la nostra voce e il nostro impegno sono necessari.

Lettere dal carcere

Sepp Kerschbaumer fu un abile scrittore e padroneggiava perfettamente la lingua tedesca. Dal carcere scriveva regolarmente lunghe lettere e cartoline alla moglie, ai singoli figli, al parroco di Frangart, ad amici e conoscenti. Non si lamentava mai, e cercava anche dal carcere di dare consigli educativi ai suoi figli. Dalle lettere emerge non solo come trascorreva le sue giornate in prigione e cosa pensava, ma anche la piena coscienza della propria responsabilità di tutto ciò che era accaduto.

Luis Amplatz di Bolzano/Gries
(1926−1964)

A differenza di Sepp Kerschbaumer, il combattente per la libertà Luis Amplatz apparteneva a quella fazione che ricorreva anche all’uso di armi da fuoco. Nel 1964 fu condannato in contumacia a 25 anni di carcere. Padre di tre figli, fuggì in Austria, ma tornava ripetutamente in Sudtirolo per compiere attentati. Nel 1964 fu assassinato in un fienile in Val Passiria da Christian Kerbler su incarico del servizio segreto SISMI. Il suo compagno Jörg Klotz scampò per un soffio all’attentato.

Sepp Mitterhofer di Obermais/Merano
(1932−2021)

Fu un membro di spicco del “Comitato di Liberazione del Sudtirolo” (BAS), partecipò a numerose azioni e venne arrestato e brutalmente torturato dopo la Notte dei Fuochi del 1961. Al primo processo di Milano del 1964 fu condannato a 12 anni di carcere, e trascorse 8 anni in prigione. Dopo la sua liberazione, fu instancabilmente attivo politicamente fino alla fine della sua vita. Divenne presidente del “Südtiroler Heimatbund”, fondato da Hans Stieler, e per decenni svolse attività di informazione nelle scuole, con pubblicazioni ed eventi, sugli anni '60.

Martl Koch di Bolzano
(1924−1975)

Anche Martl Koch fece parte del cerchio ristretto attorno a Sepp Kerschbaumer. Insieme a Kurt Welser, Heinrich Klier e Sepp Innerhofer, nel 1960 fece esplodere l’“Aluminium Duce” davanti alla centrale elettrica di Ponte Gardena. Dopo la Notte dei Fuochi fu arrestato e barbaramente torturato. Martl Koch fu condannato a 9 anni e 7 mesi di carcere, e trascorse oltre 6 anni in prigione. Anche sua moglie Gretl Koch venne detenuta per 4 mesi in custodia cautelare, e la sua compagna Maya Mayr trascorse 1 anno in prigione.

Sepp Innerhofer di Schenna
(1928−2019)

Fu membro fondatore del BAS e partecipò in modo significativo alla pianificazione della Notte dei Fuochi. Subì delle torture nella caserma dei Carabinieri di Eppan. Innerhofer fu assolto dopo 3 anni e 3 mesi di carcere, ma per 35 anni non potò godere di diritti civili, possedere beni né ricoprire cariche pubbliche. Fino alla sua morte, si occupò di formazione nelle scuole tenendo eventi sui combattenti per la libertà degli anni '60.

Jörg Pircher di Lana
(1926−1988)

Il combattente per la libertà Jörg Pircher fu cofondatore del “Comitato di Liberazione del Sudtirolo” (BAS). Fece esplodere, tra l’altro, edifici in costruzione destinati a ospitare altre migliaia di immigrati provenienti dal sud Italia. Dopo la Notte dei Fuochi fu brutalmente torturato. Al primo processo di Milano, Jörg Pircher, padre di sei figli, fu condannato a 14 anni e 7 mesi di carcere. Dopo 8 anni e 9 mesi, nel 1969, fu rilasciato come ultimo imputato del primo processo di Milano.

Kurt Welser di Innsbruck
(1926−1965)

Fu una delle personalità più importanti della parte austriaca del BAS. Con il suo carattere carismatico, era amato e apprezzato da tutti gli attivisti sudtirolesi. Insieme a Herlinde Molling e ad altri aiutanti, portò grandi quantità di materiale esplosivo e armi oltre il confine del Brennero. La sua famiglia offrì aiuto e sostegno a molti combattenti per la libertà sudtirolesi fuggiti nella fattoria Plumeshof a Natters. Nel 1965, Welser morì tragicamente durante un’escursione in montagna.

Jörg Klotz di Walten im Passeiertal
(1919−1976)

Faceva parte di quella frazione del BAS che voleva conquistare la libertà di Südtirol con le armi. Padre di sei figli, fu condannato a oltre 18 anni nel primo processo di Milano, a oltre 4 anni nel secondo e a 23 anni nel terzo. Riuscì però a fuggire e visse in esilio in Austria. Sua moglie Rosa, nata Pöll, fu incarcerata per 1 anno e 4 mesi, nonostante non fosse provata la commissione di alcun reato. Nel 1964, Klotz scampò miracolosamente a un attentato da parte di Christian Kerbler, lo stesso in cui perse la vita Luis Amplatz.

Luis Gutmann di Tramin
(1930−2013)

Il combattente per la libertà Luis Gutmann fece parte del cerchio ristretto attorno a Kerschbaumer. Dopo la Notte dei Fuochi fu arrestato e brutalmente torturato. Trascorse oltre 7 anni in prigione. Anche suo fratello Richard Gutmann, che trascorse oltre 2 anni in carcere, e il suo futuro cognato Siegmund Roner, che fu detenuto per 3 anni, furono attivisti sudtirolesi. Quest’ultimo aveva svolto commissioni per Kerschbaumer da giovane.

Franz Muther di Laas
(1922−1986)

L’ufficiale degli Schützen Franz Muther fu uno dei fondatori e delle personalità importanti del “Comitato di Liberazione del Sudtirolo” (BAS). Fu il primo ad essere arrestato e brutalmente torturato dopo la Notte dei Fuochi. Muther fu condannato a 9 anni e 5 mesi di carcere nel primo processo di Milano, di cui trascorse oltre 6 anni in prigione. La Schützenkompanie Laas porta il suo nome.